Home » Senza categoria » Riprendiamoci il Comune e anche l’acqua pubblica

Il 6 Aprile 2023 ha avuto luogo un incontro on line organizzato dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua intitolato:

Dall’assemblea dell’ONU sull’acqua alle vicende italiane: tra siccità e privatizzazioni.

 I principali relatori sono stati Renato Di Nicola e Corrado Oddi.

Di seguito si riporta una breve sintesi dei loro interventi che dimostra l’utilità della campagna Riprendiamoci il Comune anche rispetto al tema delle risorse idriche.

Renato Di Nicola.

Nel mese di marzo 2023 ha avuto luogo a New York la seconda Conferenza ONU sull’Acqua.  Il segretario generale Guterres ha ribadito il rischio per le risorse e gli ecosistemi dovuto alla scarsità d’acqua.

Nel corso della Conferenza sono stati presentati due documenti contro la privatizzazione delle risorse idriche, da parte dei rappresentanti delle popolazioni indigene e da parte dello European water movement.

D’altra parte i governi dei paesi ricchi e le multinazionali hanno riproposto il loro punto di vista che parte dal presupposto che l’acqua possa essere considerata come un prodotto (o una merce), con un suo prezzo, sul quale sia possibile e lecito fare profitto.

Esistono quindi due prospettive opposte:

  • la prima è basata sulla prevenzione dell’inquinamento e dello spreco, e quindi sulla tutela della risorsa idrica
  • l’altra ammette il suo consumo eccessivo ed anche il suo inquinamento, facendo poi conto su misure tecnologiche (impianti di depurazione, dissalatori ecc) e su eventuali compensazioni da erogare alle popolazioni danneggiate.

 

Corrado Oddi.

L’alternativa fra l’acqua come bene comune o l’acqua come merce sta diventando sempre più stringente sia a livello mondiale che nel nostro paese.

Tutto il pensiero neoliberista ha individuato come elemento centrale la privatizzazione dei servizi pubblici e in particolare dei servizi idrici.

Dagli anni 80-90 ad oggi nel nostro Paese la gestione delle risorse idriche è passata da aziende speciali municipalizzate, a società per azioni pubbliche, a società per azioni pubblico-private, e infine a società per azioni pubblico-private quotate in borsa.

Iren, A2a, Hera e Acea sono quattro grandi multiutility che gestiscono oltre alle risorse idriche anche il servizio di igiene ambientale e la distribuzione di gas ed elettricità. Esse hanno realizzato negli ultimi anni 5 miliardi di utili, di cui 3 sono stati distribuiti come dividendi per gli azionisti.

Il referendum del 2011 sull’acqua pubblica è stato disatteso e contraddetto. Ma è stato utile, perché ha contrastato, almeno provvisoriamente, la legge Ronchi che prevedeva la privatizzazione di tutti i servizi idrici.

Il disegno di legge sulla concorrenza è andato ancora avanti sulla strada della privatizzazione. Le aziende municipalizzate, che erano enti di diritto pubblico, non possono più gestire acqua e altri servizi a rete.

Una proposta di legge nazionale sulla ripubblicizzazione dell’acqua non è mai stata esaminata dal Parlamento.

La Campagna  Riprendiamoci il Comune consente di riproporre la questione di una gestione pubblica e partecipata dell’acqua. Infatti se venissero approvate le due proposte di legge di iniziativa popolare verrebbe a cadere l’alibi degli enti locali, legato alla mancanza di risorse.

Un altro aspetto della questione è legato al cambiamento climatico, che si presenta con due tipi di fenomeni apparentemente contrastanti: siccità nel medio-lungo periodo ed episodi alluvionali intercorrenti.

Gli interventi per contrastare la siccità proposti dal governo italiano rispondono ad una logica emergenziale: commissario straordinario fino alla fine dell’anno; nuovi grandi invasi (21 grandi dighe); soluzioni di carattere tecnologico (dissalatori, impianti di depurazione); semplificazione delle procedure (eliminazione dei controlli preventivi e a valle).

Il problema fondamentale è invece quello della ristrutturazione delle reti idriche che perdono il 40% della loro portata, non solo nel sud Italia. Occorrerebbero 10 mld nei prossimi 10 anni (non è impossibile con il PNRR e con una parte dei profitti delle grandi multiutility).

Inoltre è necessario risparmiare la risorsa idrica, in agricoltura e nell’edilizia. Gli allevamenti intensivi e la coltivazione del mais (in larga parte utilizzato come mangime) andrebbero limitati. Inoltre bisognerebbe riutilizzare le acque reflue depurate, raccogliere le acque piovane e rinaturalizzare i laghi, i fiumi e le falde acquifere. Quindi ci sono proposte alternative che vanno nel senso della preservazione delle risorse idriche e dell’acqua come bene comune.

Infine in una prospettiva di preservazione di tutte le risorse naturali bisogna tener conto del fatto che esiste una relazione stretta fra acqua e scelte energetiche. Per esempio i dissalatori richiedono tantissima energia;  l’idrogeno verde (elettrolisi) consuma tantissima acqua e non può quindi essere una scelta strategica; lo stesso vale per il nucleare.

 

Claudio Culotta