Il 21 Ottobre a Sanremo si è svolto l’incontro “Disarmo e natura, per un’economia di pace” con Antonio De Lellis (Attac Italia) e Pietro Pizzo (Fridays For Future). L’appuntamento è promosso dal comitato locale di Attac Imperia per la 17° edizione di “Ottobre di Pace” dal titolo “Costruire la pace” e si inserisce tra le iniziative di mobilitazione Europe For Peace, un coordinamento di reti italiane di pace e disarmo, in preparazione della manifestazione nazionale del 5 novembre a Roma, per fermare la guerra subito e chiedere all’ONU di convocare una conferenza internazionale di pace.
Il resoconto dei due interventi è arricchito dagli aspetti evidenziati nelle slides di presentazione messe a disposizione dai relatori.
Sono presenti una cinquantina di persone, non solo attiviste ed attivisti delle realtà associative locali, dei movimenti sociali e cristiani.
I cambiamenti climatici sono un tema esistenziale per l’intera umanità, non si tratta più di una minaccia all’orizzonte, ma di una emergenza quotidiana ad ogni latitudine e longitudine del pianeta. Le guerre sono indissolubilmente intrecciate con la catastrofe eco-climatica in corso e sono guerre contro la TERRA perché minacciano la vita, consumano più risorse e producono emissioni destinate ad avere un profondo impatto sul clima, peggiorando una situazione già tragica (si stima che gli apparati militari e bellici, non regolamentati in nessun accordo sul clima, siano responsabili del 5% di emissioni di anidride carbonica). Sull’orlo di un precipizio sociale, antropologico, ambientale ed economico, quali scelte sono urgenti fare per uscire dall’economia della guerra e del profitto?
La relazione di Pietro Pizzo, analizzando l’interrelazione causa/effetto tra guerra e clima, evidenzia che le emissioni del settore militare sommate agli effetti dei conflitti armati, si intrecciano con più di cento guerre che hanno all’origine le ragioni climatiche. L’equilibrio globale, nella visione dell’ecologia integrale, si basa sulla stabilità di quattro pilastri (ambiente-pace-diritti sociali-sviluppo). Gli eventi estremi che avvengono in ogni angolo del mondo (la siccità, le inondazioni, le erosioni dei ghiacciai, ecc ecc) insieme al consumo e all’uso inappropriato del suolo, impattano tragicamente con il degrado dei servizi eco-sistemici ospitati nei territori, causando erosione dei redditi, dei diritti, della salute e della dignità umana. I cambiamenti climatici divengono moltiplicatori di instabilità, conflitti e migrazioni, che producendo il collasso della coesione sociale e relegando l’ambiente in secondo piano, incidono drasticamente a loro volta sul peggioramento dei cambiamenti climatici. E’ possibile invertire il ciclo a partire da:
– un equilibrio tra impatto ambientale e consumo delle risorse, a cominciare dalla piramide alimentare
– uno sviluppo coerente con il nostro benessere che crei sostenibilità e ridistribuzione delle risorse
– rispetto dell’Agenda 2030 dell’ONU
La relazione di Antonio De Lellis, evidenzia che siamo immersi in un’economia di guerra anche da prima del conflitto in Ucraina. La guerra che si combatte già da tempo in Europa è quella contro i migranti, nell’Est, nel Mediterraneo, sulle coste spagnole e nelle mille rotte seguite per il diritto a migrare. Nelle nostre economie occidentali, apparentemente di pace, sono presenti tutti i semi di un’economia di guerra. Un’economia, strangolata dalla trappola del debito e che si nutre di rapporti commerciali asimmetrici, di dipendenza nei beni e servizi essenziali e di rapporti subordinati. I nuovi processi sociali dovranno sempre più fare i conti con disarmo, natura e accoglienza, che sono il DNA di qualunque forma di società futura. Nulla può essere difeso in una logica di corsa agli armamenti, mentre tutto può essere perso nella dialettica di un confronto armato, per tentare di risolvere i conflitti. E’ necessario utilizzare una nuova lente di osservazione che metta al centro un’economia della cura e della pace. E’ possibile farlo a partire dalla conversione ecologica delle industrie belliche e di tutte le produzioni ad impatto ambientale. Non comprendere nel calcolo del PIL le produzioni degli armamenti in quanto illegittime, funzionali alla belligeranza, e modificare tutte le leggi che di fatto creano situazioni di guerra contro i vulnerabili, promuovendo una cultura della non violenza. E’ possibile a partire dai seguenti passaggi:
– l’abbandono del consumismo a favore della sobrietà;
– ripensare il nostro concetto di benessere, riportandolo nel perimetro di ciò che ci serve senza sconfinare nell’inutile e nel superfluo;
– orientarci totalmente verso le energie rinnovabili;
– potenziare l’economia pubblica, precisando che pubblico non è sinonimo di stato, ma di comunità;
Per recuperare autonomia, l’economia pubblica deve demonetizzarsi. Un obiettivo che può raggiungere tassando il tempo invece del reddito, tutti chiamati a passare parte del proprio tempo nell’economia pubblica, ognuno mette del tempo a disposizione dell’economia pubblica e in cambio riceve per sempre beni e servizi gratuiti per sé e i propri familiari. L’economia pubblica basata sulla tassazione del tempo non concepisce il lavoro come un costo da abbattere, ma una ricchezza da valorizzare. Nell’economia del limite orientata al benvivere non si svolge un unico lavoro, ma vari, di cui alcuni retribuiti, altri a titolo gratuito, o meglio, alcuni con corrispettivo in denaro, altri con corrispettivo in natura, sotto forma di beni e servizi.
Il dibattito che ne è seguito è stato stimolante e partecipato, anche grazie alla facilitazione dei relatori. Si è molto ragionato sull’attualità del conflitto russo-ucraino, a partire dalla scelta dell’invio delle armi, pur non fermandosi alle mere dicotomie (riferite oggi alle armi, ieri al green pass) ma affrontando il grosso tema dell’esercizio del potere, mai sollevato dai media. Sono emerse perplessità sulle reali possibilità di attuare compiutamente il disarmo, ovvero lo smantellamento degli armamenti e la smilitarizzazione degli stati. Gli stessi obiettivi delle buone pratiche o l’inganno dello sviluppo sostenibile, possono essere insufficienti a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, se non si interviene drasticamente sui fenomeni di sovrapproduzione e sovraestrazione delle risorse. A partire dalla non violenza, dalle mobilitazioni e da una pace interiore di ciascuna e ciascuno, è fondamentale la costruzione di un orizzonte collettivo di cambiamento.