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Ieri presso il circolo Zenzero di Genova Silvio Garattini ha parlato del suo nuovo libro “Il futuro della nostra salute”, dicendo che nel servizio sanitario nazionale occorre più prevenzione e medicina del territorio.

L’evento è stato organizzato dalla rete “Insieme per la salute di tutti”, che si è costituita recentemente a Genova.

L’autore è stato intervistato da Gaddo Flego, direttore sanitario dell’ospedale Evangelico.

Di seguito riporto alcuni dei contenuti che sono stati presentati, in base a quanto ho avuto la possibilità di annotare direttamente.

Silvio Garattini ha esordito dicendo che dall’esperienza del covid abbiamo imparato che il servizio sanitario nazionale (SSN) è essenziale, ma presenta alcune criticità.

In Italia la speranza di vita alla nascita è di 81 anni per gli uomini e 84 anni per le donne. Ma gli ultimi 6 anni di vita per gli uomini e gli ultimi 8 per le donne non sono in buona salute. Questo ci dice che manca qualcosa nel nostro SSN.

Più del 50% delle malattie croniche non piove dal cielo, siamo noi che ce le autoinfliggiamo. Più del 70% dei tumori sono evitabili, eppure muoiono in Italia di tumore 160000 persone all’anno.

Quindi quello che manca è la prevenzione, che però è una parola obsoleta nel nostro SSN.

Le malattie dovrebbero essere considerate una sconfitta della sanità e della società. Fare prevenzione vuol dire avere buoni stili di vita. E bisogna cominciare dalle scuole di ogni ordine e grado. Questo potrebbe rendere sostenibile il nostro SSN. Abbiamo il diritto di essere in salute, ma anche il dovere di mantenerci in salute.

La nostra cultura scientifica è relativamente modesta perché a scuola si insegnano alcuni contenuti della scienza, ma non si insegna il metodo scientifico. Questa cultura manca, e lo vediamo a tutti i livelli, compreso il livello politico.

Il nostro SSN è appesantito dalla necessità di rispettare un groviglio di leggi e leggine: bisogna creare una specifica Fondazione per la gestione del SSN, oppure riformare la Pubblica Amministrazione. I controlli non devono essere fatti tutti prima, ritardando l’avvio di un’attività o di un progetto. Ma in parte possono essere fatti a posteriori, verificando il rispetto delle norme e i risultati raggiunti.

Il SSN deve avere una scuola superiore di sanità. Spesso i posti apicali sono fortemente condizionati dalla politica e dai partiti. Nelle scuole di medicina non si studia il SSN. Le scuole di medicina non servono al ministero dell’università o dell’istruzione, servono al SSN. Per questo sarebbe necessaria una scuola superiore di sanità.

Quanto tempo ci vuole per fare un concorso per un primario? E quante possibilità ci sono di fare ricorso? Deve essere il singolo ospedale che decide quello che gli serve. In tutti gli ospedali del mondo sono pochi i concorsi pubblici. Inoltre bisognerebbe dare un budget agli ospedali, cioè dargli fiducia, e poi andare a controllare i risultati. Non si può andare avanti con i DRG. Lo stato quando paga i privati in base ai DRG gli lascia fare quello che vogliono, ma le regole per il privato devono essere le stesse del servizio pubblico. Quest’ultimo in certe condizioni si comporta peggio del privato, ad esempio con riferimento all’intramoenia. Universalità, equità e gratuità oggi non esistono più. Chi ha un’assicurazione o un buon reddito ha più possibilità di tutelare la propria salute, pur corrrendo minori rischi.

Noi spendiamo per il SSN meno di altri paesi: il 6,8% del PIL, contro una media europea dell’8%. In Europa gli operatori guadagnano circa il doppio. Dobbiamo muoverci rapidamente per evitare i rischi connessi a questo.

In altri paesi la ricerca è una professione, anche all’interno del SSN. Noi non dobbiamo diventare solo un grande mercato per la medicina. Le novità arrivano tutte dall’estero. Non possiamo lasciare l’aggiornamento del medico solo all’informazione dell’industria farmaceutica. Il governo dovrebbe garantire un’informazione indipendente. La prevenzione non è in armonia con il mercato. Se tutti smettessero di fumare chiuderemmo la maggior parte delle chirurgie toraciche

Per favorire la partecipazione dei cittadini bisognerebbe prevedere la loro presenza nei comitati etici. Inoltre le associazioni dei pazienti non dovrebbero essere sostenute finanziariamente dalle industrie farmaceutiche, ma da fondi pubblici. Se la struttura sanitaria fosse una fondazione ci dovrebbe essere un posto per una rappresentanza dei cittadini.

Il territorio è la parte più debole del SSN, e lo abbiamo visto anche col covid. Oggi non è più possibile che il MMG lavori da solo. Ci vogliono almeno 6-8 medici, inseriti in una struttura organizzata e con orari di apertura adeguati. Questa struttura dovrebbe essere dotata di una segreteria, di un sistema informatico, di infermieri, di uno psicoterapeuta, di pediatri di famiglia, di apparecchiature che fanno gli esami di base, di un sistema molto semplice di telemedicina. Quest’ultimo può servire anche per rassicurare il paziente, e inoltre per favorire la collaborazione tra territorio, pronto soccorso e ospedale. Per tutto questo i MMG devono essere dipendenti del SSN.

In gruppo i MMG hanno la possibilità di fare prevenzione. Ma ci sono troppi medici che fumano, che sono sovrappeso, che bevono troppo. I medici non dovrebbero prescrivere solo medicine, ma ad esempio di fare una certa quantità di attività fisica al giorno. La valutazione dei MMG dovrebbe essere fatta in base alla riduzione del numero degli assistiti che presentano fattori di rischio o malattie prevenibili. Naturalmente ci vuole del tempo, ma bisogna definire una direzione, una tendenza. Questi medici possono anche avere una maggiore interazione con le autorità comunali, proponendo ad esempio di costruire una piscina in un territorio che è sprovvisto di opportunità di praticare attività motorie. Nel nostro SSN è l’assistenza territoriale che ha maggior bisogno di riforme.

Un altro grande problema è quello della medicina difensiva. Ci vorrebbe una piattaforma (anonima) degli errori medici. Anche questo non si può improvvisare, ma nel corso di alcuni anni potrebbe contribuire a ridurre la medicina difensiva.

Autore dell’articolo: Claudio Culotta