Vent’anni fa, per motivi di salute, non ero a Genova. Ho visto tutto in TV compresa la diretta del 21 luglio, con la Botteri sul lungomare a fianco di un pazzesco robocop. Ricordo come fosse adesso la carica delle “forze dell’ordine” non per fermare i famigerati Blak Blok che stavano tirando giù un Bancomat, ma, appunto, per sfondare esattamente a metà il corteo di decine di migliaia di persone pacifiche.
E lì ho avuto la conferma (capire l’avevo già capito da tempo persino io che non sono un’aquila) che la situazione, da lì in avanti si sarebbe fatta dura, molto dura. E infatti!
Quello straordinario movimento, contrariamente a quello che ci raccontano, nasceva da lontano, dall’insurrezione zapatista in Chiapas, da Seattle, da Porto Alegre e non è certo finito con la repressione, la violenza senza precedenti di quelle giornate di luglio 2001. Un anno dopo eravamo a Firenze per il Forum Sociale Europeo in più di un milione di persone e nel 2003 eravamo in tre milioni a Roma e in 120 milioni nel mondo per dire NO all’attacco militare all’Iraq. Quelle imponenti manifestazioni non servirono a posticipare l’attacco nemmeno di mezz’ora.
Il senso della sconfitta e dell’impotenza si fece sentire forte e chiaro. Ma anche lì, non demordemmo. Tornammo nei nostri territori e le esperienze accumulate in quegli straordinari anni di lotte globali le trasferimmo facendo nascere mille iniziative, idee, comitati, associazioni, migliaia e migliaia di persone si attivarono, compreso il sottoscritto che da qualche anno aveva “tirato i remi in barca”.
In questi venti anni abbiamo collettivamente fatto di tutto, ci siamo occupati di tutto, siamo diventati esperti di un sacco di cose, abbiamo messo in campo non solo iniziative “contro” ma, soprattutto, abbiamo fatto proposte concrete, in alcuni casi, molto rari peraltro, le abbiamo anche messe in pratica, abbiamo condotto lotte, subito sconfitte e ottenuto qualche vittoria straordinaria come quella nel referendum su Acqua e Nucleare.
Niente! Noi abbiamo ragione, ma “loro” continuano a decidere!
E continuano a decidere anche dentro ad una situazione pandemica come quella che abbiamo vissuto e che continuiamo a vivere, e decidono cose che vanno in una direzione esattamente opposta a quella che servirebbe all’umanità, ai popoli, alla natura nella quale siamo immersi e dalla quale dipendiamo strettamente, continuano a decidere contro le future generazioni.
E allora ci dobbiamo porre alcune domande:
“Come facciamo a rendere efficaci le nostre proposte?”
“Come facciamo a coinvolgere concretamente l’enorme platea di persone che soffre e subisce?
“Come facciamo a costruire percorsi di lotta e mobilitazioni che, appunto, ci permettano di uscire dallo schema “decidono loro, ma avevamo ragione noi”?
In tante e tanti ci stiamo provando a rispondere.
E lo stiamo facendo con tutta l’umiltà di chi non ha risposte precostituite ma anche con tutta la determinazione di chi percepisce la gravità della situazione e di come il momento per intraprendere strade nuove e inedite sia esattamente questo.
Genova 2001, tra le altre cose, ci ha insegnato, prima di tutto, che da soli non si va da nessuna parte ed è solo insieme che si possono costruire cose importanti.
E Genova 2021 ce lo ha indicato, se possibile, con maggiore e rinnovata chiarezza.
Solo insieme possiamo iniziare un percorso che non solo metta in discussione e faccia proposte sulle singole questioni, cosa che abbiamo fatto in questi 20 anni in modo articolato, preciso e chiaro, ma sia davvero in grado di mettere fortemente in discussione e in crisi il sistema in cui viviamo, quel sistema del profitto che è causa di immense diseguaglianze sociali, di drammatiche devastazioni ambientali, che costringe milioni di persone a migrare, che imperterrito continua con la sua visione e le sue pratiche patriarcali.
In queste giornate di Genova 2021 lo slogan “Voi (cioè quel 12% della popolazione mondiale che detiene l’85% della ricchezza) siete la malattia, Noi siamo la CURA” ha rappresentato in modo significativo il perché eravamo ancora lì, dopo venti anni, non per celebrare, anche se la memoria è indispensabile, ma per ripartire, noi che nel 2001, in un modo o nell’altro c’eravamo, insieme alle nuove generazioni con l’idea, come ci dicono da anni gli zapatisti e come ci hanno più recentemente ricordato e sollecitato le lavoratrici e i lavoratori della GKN: insorgiamo!
Roberto Melone