Home » Senza categoria » Il voto: diritto democratico o rito di sottomissione?

Perché ci interessano le elezioni?

Perché come Attac abbiamo deciso di collegare le nostre campagne, come Riprendiamoci il Comune, a un progetto di società alternativa che abbiamo chiamato “Società della Cura”. Centinaia di movimenti locali e nazionali, oltre a singole persone, stanno collaborando a questo progetto, che però è ancora tutto da definire.

Il progetto implica un rinnovamento della società civile, ossia dell’economia, dei rapporti giuridici, delle mentalità, delle nozioni di giusto e ingiusto.

Qual è e quale sarà il ruolo della politica, ossia dei partiti e delle istituzioni politiche in questo processo?

Molti di questi cambiamenti sono già presenti nelle società attuali, anche se in forme ambigue. Il sistema politico è una di queste ambiguità.  Il voto è una conquista democratica, frutto di lotte secolari. Ma allo stesso tempo è un rito di sottomissione, con cui il popolo cede la propria sovranità a un ceto di professionisti, che la useranno a proprio vantaggio contro di lui.

Le ultime elezioni lo confermano. Il popolo degli elettori risulta diviso grosso modo in 3 parti. Solo due hanno partecipato, mentre un terzo, con le più svariate motivazioni, ha rifiutato di usufruire del suo diritto, o forse ha rifiutato il rito di sottomissione.

Il 26% dei votanti ha premiato FdI, che governerà insieme con Lega e FI. La coalizione vincente ha preso in totale il 43% dei voti, pari al 27% degli elettori. Avremo quindi un governo fortemente minoritario, probabilmente inviso alla maggioranza della popolazione. 

Contrastare le forze che dominano la società attuale è molto difficile. Non ci sono esempi al mondo di stati realmente compiutamente popolari. Laddove i potentati economici e il cosiddetto “mercato” sono tenuti a freno dal potere statale, questo usa la coercizione più brutale per tutelare ristrette élite che si appropriano del surplus prodotto dalle classi lavoratrici, negando loro i più elementari diritti. A livello mondiale la scelta è oggi tra un capitalismo liberale e un capitalismo autoritario. Tra una libertà che esaspera le disuguaglianze e condanna all’atomizzazione e alla solitudine, e una finta opprimente integrazione che nega i diritti della persona.

Che fare? In linea di massima si intravvedono due direzioni: un sistema economico basato sul lavoro in forme collettive e una finanza pubblica e sociale; un sistema politico partecipativo, ossia in cui il popolo partecipa ai processi decisionali insieme ai rappresentanti eletti.

Le elezioni oggi sono un rito di sottomissione. Come valorizzare la loro potenzialità di diritto, di strumento del popolo per limitare o annullare l’appropriazione privata del surplus e realizzare la società della cura? Il consenso popolare al sistema vigente è molto basso, ma noi non siamo capaci di trasformare apatia o addirittura disgusto in azioni positive. I motivi sono molti, non tutti dipendenti da noi. Ma per quello che ci concerne vedo una pratica politica inefficace, legata a schemi antiquati, ripetitivi, superati nei metodi e in parte, sottolineo: in parte, anche nei contenuti. Centrata sulle politiche invece che sulle persone. Sullo scontro diretto attivisti vs governo nazionale o locale, ponendo come centrale l’obiettivo, piuttosto che usare l’obiettivo per la costruzione di un tessuto popolare ampio. Colpa nostra? No, il compito è difficilissimo e ognuno fa quel che può. Ma essere coscienti dei problemi è il presupposto per sperare di risolverli.

 

Pino Cosentino  Attac Italia-Genova 9 ottobre 2022